Riccardo Mannelli
Nato a Pistoia (1955) vive a Roma dal 1977; dal ‘75 collabora con la stampa nazionale e internazionale; dal 1980 realizza réportages disegnati in giro per il mondo. Protagonista delle maggiori testate satiriche europee (L’Echo des Savanes, Humour. Cuore, Satyricon, ecc.) alcune delle quali dirige, o partecipa alla fondazione (Il Male, , Boxer, Il Cuore). Lavora per La Repubblica e Il Fatto Quotidiano e con altre testate, anche estere. Pubblica diversi libri, l’ultimo dei quali nel 2013 “Fine penna mai”. Parallelamente ha evoluto una personale ricerca pittorica, documentata in svariate mostre e cataloghi, tra i cui esiti: il ciclo pittorico di sessanta opere Commedia in Z.E.R.O. (catalogo); il fregio virtuale proiettato sull’Ara Pacis Apoteosi dei corrotti, da cui è nato l’omonimo libro; con Jan Saudek Teneri Barbari (catalogo). Nel 2011 è invitato alla 54 Biennale di Venezia, nel Padiglione Italia. Sempre nel 2011 espone l’intero ciclo Commedia IN Z.E.R.O. al Festival di Spoleto (catalogo). Nel 2012 pubblica per Tricromia il libro d’arte “A.” e tiene la personale “Appunti per la ricostruzione della bellezza” alla Galleria Gagliardi di San Gimignano. Nel 2015 tiene una bi-personale alla Philobiblon Gallery “ROPS + MANNELLI” (catalogo); la stessa mostra viene trasferita da marzo a giugno al Palazzo Ducale di Urbino, a cura di Vittorio Sgarbi. A Gennaio e Febbraio 2016 tiene una personale alla Building Bridges Art Exchange di Los Angeles (catalogo). Insegna all’Istituto Europeo di Design (IED) di Roma dove coordina il dipartimento di Illustrazione e Animazione.
Autointervista
Sabato 11 dicembre 2010 dalle ore 21.30
al C.S. Brancaleone, via Levanna 11, Roma
Serata inaugurale della mostra “Fine penna mai”
le satire di Mannelli per il Fatto Quotidiano
organizzazione:
C.S.Brancaleone – Radio Popolare Roma
Fate finta che qualcuno mi abbia fatto delle domande e che quello che segue siano le risposte; così, tanto per attenuare l’imbarazzante effetto di solitaria vaniloquenza…
La Satira per me non é che una delle espressioni artistiche che mi sgorgano spontanee, come una pennellata, la composizione di un quadro o anche il “quid” di uno sguardo fatto uscire dalla penna biro. Ho imparato a non chiedermi informazioni in proposito e quindi a non darmi spiegazioni; anche perché quando ci ho provato ho rischiato di essere sgangherato da attacchi di panico così feroci da lasciarmi più babbeo di prima. Non saprei più neanche come definirla, questa Satira; non mi é mai riuscito di farne un mestiere, come ho fatto con il disegno, coi ritratti e le illustrazioni o con la pittura (quella sì che richiede tutta l’applicazione e l’umiltà del “mestierante”). Dopo tanti anni di lavoro in cui mi sono ritrovato spesso collocato d’ufficio nell’ ambito della Satira posso tranquillamente ammettere di non aver mai imparato ad usarla; anzi, ho la netta sensazione che sia sempre stata Lei ad usare me. Come una musica, un ritmo, uno scombussolo che ti penetra e ti rimuove le budella. Come e solo quando decide Lei. Questa è la cosa che mi diverte di più. La stessa sensazione che ti da la donna che ami, alla quale permetti in brodo di giuggiole di tenerti stretto per le palle. In tutti questi anni, grazie a Lei me ne sono anche sentite dire di tutti i colori, ma questo fa sempre parte del gioco. Magari posso approfittare di questa specie d’autointervista per rispondere ad un paio di tormentoni che più mi hanno infastidito. Botta e risposta.
Primo: Perché non ci fai ridere di più? – Scusino, ma mica sono un comico, io… anzi… una volta ho pure scritto (sotto ad un disegnaccio nudo e crudo): PER IL REATO DI OMISSIONE DI BATTUTA RIVOLGERSI AL TRIBUNALE DELLA BARZELLETTA.
Secondo: A volte sei troppo cattivo – Ecco, dire questo ad un disegnatore satirico é come dire alla tigre “A volte sei troppo carnivora”. Posso solo dire che certe persone converrebbe smettessero di frequentare tigri.
IO disegno, ragazzi. Il disegno è il mio respiro animale e quando disegno non posso permettermi di pensare a cosa verrà fuori… il gioco, se è un gioco serio, non ammette distrazioni. Avete mai provato a chiedere ad un bambino il significato di quello che sta disegnando? Se avete avuto questa sciagurata idea, avete in mente lo sguardo di risposta, tra l’indignazione e la commiserazione, con cui vi ha incenerito? Ecco. Siamo da quelle parti.
Biografia per immagini
A day in the life
A day in the life. Un giorno nella vita il ragazzo doppio LennonMcCartney dà un’accelerata alla sua schizofrenia diventando il Fab-One assoluto per quattro minuti e mezzo, con una specie di aspirapolvere sinfonico in Mi Maggiore che risucchia il ritmo di uno che legge il giornale e non può frenare la sua risata incredula di fronte alla notizia del tizio che si è spappolato il cervello nell’incidente d’auto davanti a un semaforo… e contemporaneamente spara fuori un altro ritmo che accompagna un risveglio appannato di uno che si ara la testa con un pettine trangugiando una tazza di caffè accompagnandola con una fumata e un autobus presi al volo prima di entrare in un sogno aaaaaaah aah aah aah, aah aah aah, aah aah aaaaaaaaaaaaaaaah…
Poi il ragazzo doppio dice “sarei felice di farti sballare, sarei felice di eccitarti” prima che un secondo sublime aspirapolvere ancora più Mi Maggiorato spazzi via tutto risucchiandoti l’anima.
Ecco. Hai capito cos’è la spudoratezza, hai capito come due diventa uno.
Hai capito perché questo temporaneo ragazzo-doppio abbia spudoratamente incastrato due canzoni l’una nell’altra per fabbricare la macchina che risucchia l’anima.
In queste giornate sordide che si ripetono uguali all’uguale, intrise di falsi pudori, ipocrisie slabbrate e altre vecchiezze maleodoranti la spudoratezza è lo scarto salvifico, il colpo di reni necessario.
C’è da fare ritratti. Vuoi qualcosa di più spudorato di un ritratto?
Il ritratto è il gioco del doppio, lo scambio senza pudore. Il due che diventa uno, appunto.
Il ritratto è fatto di muscoli e respiro. Al ritratto ci si abbandona.
Il ritratto ha bisogno dell’equilibrio precario di un Mi Maggiore tirato all’inverosimile dall’aspirapolvere sinfonico.
Non so chi sia A, quando si presenta puntuale a studio.
Ha una sincerità disarmante, una tranquillità determinata. E una giovane saggezza corporea.
È spudoratamente sana.
Si comincia.
Sarei felice di farti sballare, sarei felice di eccitarti…
Dell’errore
Cos’ è una ricerca artistica se non la ricerca continua dell’errore, dello sbaglio, dell’ incidente?
Forzare la mano alle nostre capacità, al nostro talento, alla nostra attitudine a rispettare le regole.
Solo l’incidente ci salva dalla consuetudine della perfetta esecuzione e quindi dalla noia.
Quando si sbaglia si scatena un percorso imprevisto, quasi mai codificato perché ogni sbaglio è originale, portatore di unicità e irripetibilità.
E’ il motivo principale per cui la natura ci sorprende sempre e ci terrorizza.
Non c’è un temporale uguale all’altro… nè un terremoto.
La bellezza sta nel mistero dell’imprevedibilità.
Per questo la bellezza ci terrorizza. e spesso ci schianta.
Cercare l’errore è come sfruculiare nel mistero della bellezza.
Lascia perdere il luogo comune “sbagliando s’impara”.
Io non voglio imparare, io voglio solo continuare a sbagliare.